Alonsa e il Diabolico Vendicatore
(by Evose)
La vita di un papero può venire
stravolta da eventi imprevisti e fortuiti. È questo quello che
successe a Paperino un giorno, quando un postino gli consegnò per
errore un premio vinto in realtà da Gastone: si trattava di Villa
Rosa, una tenuta in rovina nell'estrema periferia della città. Qui
Paperino trovò il diario del ladro gentiluomo Fantomius: leggendolo
il papero si sentì ispirato dalle imprese del criminale che
vendicava i torti subiti dai più deboli, rubando agli abbienti per dare
ai bisognosi, il Robin Hood degli anni '20, e decise allora di
intraprendere anche lui la carriera di giustiziere mascherato,
diventando Paperinik il Diabolico Vendicatore. Avrebbe vendicato
tutti i torti subiti dai tapini... per primo sé stesso: iniziò la
sua carriera da vendicatore contro coloro che quotidianamente gli facevano torti , ovvero lo zio Paperone e il cugino
Gastone.
Fu una delle prime notti in cui
Paperinik errava per le strade di Paperopoli: era diretto verso la
casa del cugino Gastone, per vendicarsi contro di lui: lo sfrontato
aveva chiesto un appuntamento a Paperina approfittando di un suo
litigio con Paperino, e lei aveva accettato. Paperino, saputa la
notizia, come suo solito si fece sopraffare dalla collera e scelse di
indossare i panni di Paperinik per far pentire Gastone della sua
azione irriverente.
Paperino quindi, col costume e la
maschera (aveva da poco deciso di coprirsi il viso per evitare di
essere riconosciuto), girava per le strade deserte della periferia,
diretto verso la dimora del cugino. Ragionava tra sé:
“Sicché io sarei un buonannulla
incapace? Vorrei vedere la faccia che farebbe il cugino Gastone se
sapesse che il Paperinik che ora gli farà un bello scherzetto è lo
stesso Paperino che lui schernisce quotidianamente! Buazzz! Il maramaldo
crede di poter fare il cascamorto con la mia fidanzata reputandomi
incapace di reagire, ma si ricrederà! Eccom...”
I ragionamenti del papero furono
bruscamente interrotti dalle grida disperate di una fanciulla.
Dapprima Paperinik si spaventò, ma poi riprese la calma.
“Sei il terribile Paperinik, giammai sia detto che ti lasci intimorire da delle grida in lontananza! Piuttosto... chi
starà gridando? Forse, mentre ero sovrappensiero qualcuna mi avrà
notato, e, vedendomi così bardato, mi avrà scambiato per un
malfattore?” pensò.
Si guardò intorno: senza accorgesene
era già arrivato alla piazzetta vicino la casa di Gastone, la piazza
dove si svolgeva il mercato finesettimanale, dove si trovavano varie
botteghe. I palazzi che si affacciavano sulla piazza non erano troppo alti, e
permettevano di vedere in lontananza i primi grattacieli che stavano
costruendo nel centro città: su tutti ancora più in lontananza
troneggiava la collina Ammazzamotori, con sopra il Deposito di zio
Paperone; rimanendo nella piazza, si vedeva poco, giacché i negozi
che vi si affacciavano erano tutti chiusi e le luci delle case
sovrastanti erano spente... Solo una bottega aveva le luci accese ed
era aperta: era da li che provenivano le grida.
Una ragazza sui quindici anni uscì di
corsa dal negozio gridando. Subito dopo di lei uscì una figura
strana: sembrava un essere umano, ma aveva movenze troppo
meccaniche; la cosa sembrava impossibile a Paperinik, ma dovette
convenire che l'essere che seguiva la ragazza era uguale a un robot
antropomorfo: non poteva essere possibile, non esisteva una
tecnologia così avanzata. Dopo l'essere uscì anche un papero basso
dall'aria giovane, con una folte sopracciglia nere, fronte alta e con
capelli corti. Gridava alla ragazza:
<< Signorina non dovete avere
paura! Così lo alimentate solo, gli date energia: vi prego di
calmarvi: ho... DANNAZIONE! Ho paura vi possa succedere
qualcosa di spiacevole! >> gridava irrequietamente.
Paperinik non capiva assolutamente
nulla di quello che stesse succedendo. Perché la ragazza non doveva
avere paura? Che quell'indefinito mostro che correva dietro la
fanciulla fosse alimentato dalla paura della stessa? In che senso lo
era?
Una cosa solo capì il vendicatore: non
doveva esser pusillanime! Nulla di più facile in quel momento, in quanto dacché aveva indosso il costume di Paperinik si sentiva praticamente onnipotente! Questo
atteggiamento più che coraggio era incoscienza, ma l'eroe avrebbe imparato a limarlo nel corso degli anni a venire.
La ragazza correva senza una logica per
tutti gli angoli della piazzetta, seguitata dall'entità
incomprensibile che a sua volta aveva dietro sé il paperotto dai
capelli neri: Paperinik corse verso il gruppo e si frappose tra
l'essere e la ragazza: da vicino poté constatare quello che gli
sembrava impossibile: il mostro era proprio un automa antropomorfo, in
tutto e per tutto identico a un umano, se non per il corpo metallico
e... per una mitragliatrice al posto della mano sinistra! Quella destra la
aveva, ma era impegnata a brandire un mestolo. Il robot era seminudo,
non fosse stato per un grembiule da cuoco e un cappello sempre da
cuoco sulla testa.
Non appena l'eroe gli si antepose il robot arrestò la sua corsa, lo guardò negli occhi e... si spense. La
ragazza a vedere la scena, ancora presa dal panico, svenne, mentre il
papero basso sospirò sollevato.
Paperinik andò subito a soccorrere la
giovane.
<< Voi, chiunque siate,
portatemi subito un bicchiere d'acqua per lei! >>
comandò l'eroe.
Il paperotto tornò subito con
l'acqua, e Paperinik la versò sulla faccia della fanciulla. Lei non
aveva più di quindici anni, aveva il becco piccolo, lineamenti molto
giovani, portava degli occhiali; non era troppo alta, era molto esile, e portava dei corti
capelli biondi. si riebbe lentamente.
<< I-il mostro! QUEL mostro! Il
mitra... >> mormorava << IL MOSTRO MI SEGUE! >>
gridò ridestandosi improvvisamente.
<< Tranquilla, piccola! >>
disse Paperinik con aria spavalda << Il mostro è tornato a
dormire! >>
La giovane guardò il robot steso a
terra, le si illuminò lo sguardo e abbracciò fortemente il suo
salvatore.
<< Voglio domandare perdono >>
si intromise il paperotto << Sono un giovane inventore, e
quello era un mio prototipo. Era un robot-cuoco: un androide che
avrebbe svolto i compiti di un aiuto chef nelle cucine dei grandi
ristoranti. Siccome un macchinario del genere richiederebbe una quantità
abnorme di energia elettrica, lo avevo dotato di generatore autonomo:
produceva energia delle emozioni delle persone che aveva vicino... Lo
sa quanta energia possono produrre le emozioni? Tutti parlano di
fonti d'energia rinnovabili come la luce solare o la forza del vento,
ma se riuscissimo a incanalare l'energia emozionale avremmo energia
gratuita e infinita! Bhe... Ecco, quella giovane ragazza era venuta
nel mio laboratorio per chiedere se potevo aggiustarle un tostapane.
Stavo lavorando al robot-cuoco, e lei si è spaventata a vederlo...
>>
<< Per forza, quel coso ha un
mitra al posto di una mano! >> constatò incredulo Paperinik
<< Bhe, mi piace sperimentare.
Nessuno penserebbe mai che in una cucina possa servir un'arma, ma
casomai servisse uno come fa? Allora gli ho montato una mitraglia al posto di un arto per ogni evenienza. >>
Paperinik sgranò gli occhi a sentire
queste parole, faticando a comprenderne il senso. Nel frattempo la papera era ancora abbracciata a
Paperinik, ma non ascoltava il discorso, badava solo a capire chi
fosse l'eroe che le aveva salvato la vita.
<< Dicevo >> proseguì il
papero con i capelli neri << La ragazza era entrata da me per
chiedermi di riparare un tostapane. Sono lavoretti che faccio per
prendere qualche spicciolo, non ci impiego più di trenta secondi a
ripararli. Ma... appena ha visto il robot ha iniziato a strillare, spaventata probabilmente dall'arma, e la sua paura ha attivato
l'androide che ha iniziato a seguirla. Io stesso in quel momento
avevo paura che accadesse qualcosa di spiacevole alla ragazza, e così non ho fatto
che alimentarlo ulteriormente. Per fortuna siete arrivato voi, che
col vostro coraggio avete disattivato la sua fonte di alimentazione, spegnendolo. >>
<< Capisco... Anzi, no. >>
ammise l'eroe << Non mi torna per nulla perché voi abbiate
dovuto mettere un'arma su un attrezzo da cucina, e perché l'abbiate programmato sicché fosse alimentato dalla paura delle persone attigue. Ma a questo punto non lo voglio nemmeno sapere >> fece
irritato << Voglio solo che siate consapevole che se
costruite simili subdoli arnesi di morte non andrete lontano,
sopratutto nella mia città! Ci sarò sempre io a proteggere le
fanciulle indifese da simili squilibrati come voi! Adesso eclissatevi e
smantellate quell'aggeggio! >> disse perentorio il papero. Dacché era diventato Paperinik si sentiva davvero un altro, come fosse
onnipotente: aveva dato un ordine a un perfetto sconosciuto, azione che
precedentemente non avrebbe mai osato compiere: anzi, lo aveva dato in maniera
così convincente che il paperotto portò sconsolato nella sua
bottega il robot-cuoco senza osare controbattere.
La ragazza lo stava ancora
abbracciando.
<< I-io mi chiamo Alonsa. Posso sapere il nome dell'eroe
che mi ha salvata e perché è vestito in questo modo strambo, con una
mascherina sugli occhi? >> domandò lei, osservandolo sognante e
sciogliendo l'abbraccio.
<< Oh, tesoro, io sono
Paperinik, il difensore dei deboli. Sono mascherato poiché ad
aiutare i deboli ci si inimicano i potenti, e non voglio
che questi sapendo chi sono arrechino male a chi mi è caro. Fosse
solo per me affronterei il pericolo a viso scoperto, non sono un pusillanime. >>
diceva Paperinik. Probabilmente lui stesso ignorava il significato di ciò che diceva, ma stava riuscendo nell'intento di fare
il pavone di fronte alla ragazzina.
<< Ah, sicché tu saresti
Paperinik, il mostro pipistrello che gira di notte, l'erede del fu
Fantomius di cui i giornali tanto parlano? >>
Questa voce provenne dall'alto: a
sentire le grida tutte le persone le cui case guardavano sulla piazza si erano svegliate e affacciate a vedere quel che
succedeva. Nessuno dei tre prima se ne erano resi conto, ma
questi avevano assistito a tutto lo spettacolo. Non appena Paperinik realizzò di essere osservato da un così vasto pubblico si sentì colmo
d'imbarazzo, e si congedò celermente.
“Per oggi ho già avuto troppa
visibilità, meglio non averne altra occupandomi del cugino Gastone.
Tornerò a casa e riposerò, com'è giusto che sia dopo questa
disavventura” ragionò frattanto che si dileguava.
<< “Voglio solo che siate consapevole che se costruite simili subdoli arnesi di morte non andrete lontano, sopratutto nella mia città! Ci sarò sempre io a proteggere le fanciulle indifese da simili squilibrati come voi!” Come si atteggiava il tipo con la calzamaglia! >>
borbottava tra sé l'inventore di prima, tornato nel suo laboratorio <<
Sì, forse sono arnesi subdoli, ma creare armi è il modo più veloce
di far soldi in questo mondo violento e bellicoso. E io ho bisogno di
soldi, se voglio creare un futuro per le mie figlie. Un futuro, dato
che un presente fin'ora non lo hanno mai avuto. Forse però potrei
evitare di rendere armi anche progetti innocui... Perché avrò
montato questo mitra nel robot-cuoco? Non lo so nemmeno io... Non lo ricordo... >>
affermò confuso. << Mi dedicherò solo alla realizzazione
di progetti aggressivi, non voglio che progetti ideati come innocui
si possano poi rivelare anche aggressivi così di sorpresa. Parola di
Everett Ducklair! >>